NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 1 febbraio 2016

Il Partito Democratico Italiano, di Enzo Selvaggi - seconda parte

Il simbolo, pressoché sconosciuto del PDI,
ricostruito al computer
DAL FASCISMO ALLA DEMOCRAZIA

Dobbiamo dunque domandarci. perchè l’Italia oggi combatte e soffre? Questa crisi, la più tremenda della nostra storia moderna, dalla quale non possiamo uscire se non a patto di altri dolori e di a1tre prove durissime, è la crisi del fascismo.


La crisi del fascismo

Questa verità deve però essere approfondita. Il fascismo non è stato solo una dittatura personale; né la sua crisi è stata solo una questione di uomini, come molti dicevano e come ancora qualche ingenuo va sospirando. Il fascismo è stato un preciso metodo politico che con la qualifica di totalitario adottava il più sfacciato disprezzo degli uomini e delle leggi, spinto all'assurdo, fino al disprezzo dei propri uomini e delle proprie leggi. E' stato anche un sistema politico, con temi caratteristici propri, come l'autoritarismo, il centralismo e il nazionalismo, gonfiati ed esasperati; è stato anche un sistema sociale, con calcolate oscillazioni tra la demagogia e la reazione a tutto profitto di nuovi ricchi, di speculatori, di parassiti. E' stato infine una mentalità, caratterizzata dal dogmatismo politico, dal parassitismo sociale, dalla corruzione morale, dalla violenza e dall'arbitrio, per conseguire il sogno, poco importa se a prezzo della dignità umana, di una ossessionante potenza politica.

Fenomeno che ha radici e cause profonde, che coinvolge vaste e precise responsabilità e che attraverso una pressione ventennale ha trovato in ogni
ambiente, in ogni ceto; in ogni classe, appigli, adesioni e diffuse complicità.

Nella trama della nostra storia il fascismo rappresenta, e in qualche modo condensa, tutti i nostri mali, i nostri difetti, le nostre deficienze. Non giova a nulla ed a nessuno chiudere gli occhi ed illudersi con pietosi eufemismi. Questa crisi dolorosa, che non si può qualificare che come guerra civile, deve essere sperimentata tutta, fino in fondo. Poiché è soltanto dal suo fondo che potremo risalire verso la salvezza.

Si parla di due Italie, ed è vero. Da una parte un'Italia civile, che rivendica dignitosamente tutti i diritti ed insieme accetta tutti i doveri della convivenza democratica. D'altra parte un'Italia intimamente diseducata, campo per la violenza dei fanatici, per l'arbitrio dei cinici, per le imprese degli speculatori; un'Italia che rinnega il messaggio di libertà lanciato al mondo moderno nel suo primo Risorgimento.

Tra queste due Italie vi è ora un abisso incolmabile. Non si può che scegliere. Il popolo italiano, nella sua immensa maggioranza, ha già scelto. Esso ha respinto l'Italia retorica e violenta del fascismo. Lo ha dimostrato il grido di sollievo e di esultanza del 25 luglio. Lo testimonia il grido di esecrazione che si leva contro, le ultime incarnazioni del fascismo.

Sennonché uno degli aspetti della crisi, più grave e pericoloso, è una certa indifferenza, facile a comprendersi dopo venti anni di oppressione, per la politica attiva da parte della maggioranza della popolazione. E' nostro compito lottare contro questa diffidenza e far rinascere nel popolo la fiducia nella, politica democratica.

Le forze antifasciste

Tuttavia non può esservi dubbio che il sentimento dominante nel popolo italiano sia decisamente e sinceramente antifascista. E' un sentimento preciso a cui partecipano le attive minoranze dell'antifascismo militante, ma anche moltissimi tra i coloro che in quel
regime pur avevano vissuto, legati ad esso da uno di quei fili infiniti che la tecnica totalitaria aveva steso su tutto il Paese.

Per moltissimi italiani il 25 luglio ha rappresentato lo strappo decisivo con il fascismo; strappo già avvenuto o presentito, ma che attendeva l'occasione per manifestarsi, Per moltissimi altri fu l'urto dell'8 settembre: la crisi della guerra, cioè la cambiale fascista venuta a pagamento, il disfacimento dello Stato, la brutale occupazione tedesca con l'orrenda complicità fascista.
E furono molti che in tale occasione assunsero una posizione anche attiva, spinti da un senso elementare di dignità civile,


La nostra lotta

La serie dei diaframmi posta dal totalitarismo fascista aveva frammentata la resistenza in iniziative individuali, che con difficoltà si incontravano, si stringevano, si coordinavano. E il nostro Partito ha avuto origine da vari di quei movimenti e centri di resistenza sorti a cavallo della crisi, tra il '41 e il settembre del '43. Movimenti che nella lotta attiva contro la dominazione nazi-fascista hanno collaborato strettamente e si seno riconosciuti particolarmente vicini.

Alla lotta clandestina noi abbiamo partecipato e partecipiamo con il peso di tutte le nostre forze, nella nostra fede ed il nostro entusiasmo. Ne fanno testimonianza i nostri giornali clandestini, le nostre bande, e, soprattutto, i nostri amici imprigionati e torturati, i nostri compagni caduti o massacrati alle Fosse Ardeatine ed altrove. Ricordiamo ciò con emozione ma anche con sufficiente distacco, con assoluta semplicità, con la certezza di aver fatto il nostro specifico dovere e con il rimpianto di non aver fatto anche di più. Lungi da noi l'intenzione di adoperare questa pagina della nostra, vita come polemica per rivendicare titoli o meriti. Lasciamo alla gente di pessimo, gusto l'esercizio di questi tremendi conteggi di dolori e di sacrifici.

Un partito nuovo

Dunque, chi siamo noi? Che cosa rappresentiamo? Che cosa vogliamo? I partiti sono già molti, ed è in tutti la coscienza del pericolo rappresentato dalla loro moltiplicazione e dal loro frantumamento. Certo, se si guarda alle generali impostazioni dottrinali, le soluzioni e le posizioni possibili si riducono a tre quattro al massimo. Lo storico non ne scopre, forse, in fondo, più di due. Ma un partito politico non è determinato da interessi scientifici.

Ora, uno dei primi motivi che ci ha reso estranei ai tradizionali partiti italiani è stata appunto l'eccessiva preoccupazione ideologica: come. se per essi si trattasse di piegare la realtà all'ideologia o di ficcare a forza la realtà dentro la formula e non viceversa.

Noi riteniamo invece che un partito politico debba, si, essere animato da un'idea generale e sorretto da un orientamento saldo e preciso, ma esso non deve rendersi schiavo di formule e dogmi; un partito politico deve essere libero di fronte ai problemi nuovi, ai termini nuovi della realtà. E ciò è tanto più vero oggi per noi di fronte alla presente situazione italiana.

Questa nostra crisi, crisi della coscienza morale e politica e della struttura moderna del nostro Paese, ci appare profondissima, totale, radicale. Per cui non si tratta di restaurazione né di ricostruzione. Si tratta piuttosto per noi di costruire. Tutte le forze che edificheranno domani il nuovo Stato, dovranno essere
intimamente nuove o profondamente rinnovate dal di dentro. La situazione presente impone anche, una revisione ed un rinnovamento radicale negli atteggiamenti e negli schieramenti delle forze politiche. A situazioni radicalmente nuove non possono corrispondere che partiti intimamente nuovi. Ecco perchè noi abbiamo voluto essere un nuovo partito: perchè abbiamo voluto essere un partito nuovo. Di fronte alla nuova situazione italiana ed ai problemi che essa pone ed impone, abbiamo voluto sentirei liberi dalla suggestione di una tradizione e dal vincolo di formule o di schemi troppo chiusi. Riteniamo anzi che tale libertà intellettuale e politica sia oggi soprattutto un dovere morale.

Critica del prefascismo

Dall'analisi anche sommaria della nostra crisi abbiamo notato come il fascismo non possa esistere isolato e racchiuso tra due date. Esso affonda le sue radici nella politica, nella vita sociale, nel costume italiano.

L'Italia prefascista è stata si la vittima del fascismo, ma è stata anche la madre. Per questa ragione noi abbiamo sentito freddezza verso quei movimenti i quali, per gli uomini che li rappresentano, per le mentalità che esprimono, per le formule che adoperano, sono strettamente associati alla vita politica prefascista. Corresponsabile politico, sia pure a titoli diversi ed in diversa misura dei sorgere e dell'affermarsi dei fascismo, l'antifascismo prefascista ha per noi ben poco da dire. Esso è un postfascismo assolutamente sterile.

Gli esempi di sacrificio personale, di coraggio, di coerenza intellettuale e morale che quella classe politica ci ha dato nel momento della sua sconfitta e dopo, sono acquisiti alla storia morale d'Italia. Ma non sono di per sé sufficienti a creare oggi dei titoli politici.

L'antifascismo prefascista concepisce oggi i problemi politici in termini di restaurazione. Noi Invece dobbiamo respingere risolutamente questo ritorno al passato perchè proprio in esso abbiamo trovato i germi, gli stimoli e le occasioni del fascismo.

Questo infatti nacque per l'impotenza del regime prefascista a risolvere le deficienze organiche e strutturali che erano giunte a maturazione sul piano democratico. Né questa, beninteso, vuole essere la critica della democrazia poiché il regime prefascista è fallito non già perchè democratico, ma al contrario perchè poco democratico.

E il fascismo, che speculò sulla forma democratica di quel regime, la quale pur costituiva la premessa per una concreta democrazia, in sostanza riprese o sviluppò tucá gli elementi e gli aspetti antidemocratici di quel regime.

In realtà, il Paese non respirava nella democrazia. Se questa fosse esistita, essa avrebbe opposto al fascismo ben altra resistenza.
Perciò oggi la democrazia in Italia è e deve essere un programma nuovo. Non si tratta di restaurarla; si tratta di fondarla.
Noi siamo convinti che nuovi uomini e nuovi gruppi, che l'urto violento della crisi ha risvegliato, e animati tutti da un'ansia di libertà e di giustizia, finiranno per conquistare al Paese una prima forma di coscienza civile e politica.


Democrazia e libertà

Per queste ragioni, per esprimere e sottolineare queste esigenze fondamentali della nuova Italia, il nostro movimento ha assunto il nome di Partito Democratico Italiano.
Noi riteniamo che i problemi pratici potranno risolversi, di volta in volta, caso per caso, con la guida di un'idea generale e di una fede morale. Questa idea e questa fede sono per noi le stesse che si esprimevano nelle semplici ed immortali parole di Lincoln a Gettysburg, e che oggi sono state espresse ed approfondite nelle quattro libertà di Roosevelt.

Perciò non crediamo che l'idea e le sorti della democrazia siano necessariamente legati a certi schemi e sistemi istituzionali e sociali.

Due fondamentali aspetti della democrazia ci preme tuttavia precisare: la democrazia per noi va intesa innanzi tutto come il diritto e il dovere di ciascuno di vivere e di agire secondo l'imperativo della propria coscienza. L'idea di democrazia poi per noi non è dissociabile in nessuno modo, per nessuna ragione, con nessun sofisma, dall'idea della libertà.

Quindi noi respingiamo ogni idea di sedicente democrazia di tipo cesariano o napoleonico, autoritaria o totalitaria, come anche respingiamo lo schema democratico o sedicente tale di ispirazione marxista.
Tale schema infatti ripete, nolenti o volenti, la situazione dittatoriale. La così detta dittatura del proletariato non potrebbe costituirsi che attraverso la dittatura di un partito che presume di interpretare il proletariato. Ma questo partito dovrebbe avere a sua
volta una struttura ed una direzione autoritaria, ed accentrata. Per cui la dittatura del proletariato si risolverebbe nella dittatura esercitata sul proletariato da una ristrettissima casta di dirigenti, di funzionari politici o addirittura di un uomo solo.

La ragione di tali conseguenze contraddittorie sta nella mancanza, dentro la cornice del marxismo, di una viva e concreta esigenza liberale e democratica. Si dimentica che la società, il popolo, la massa non sono dei termini rigidi e delle realtà in sé solidificate, ma sono costituiti da uomini, da individui, ognuno con la sua vita, i suoi problemi, i suoi sentimenti, le sue necessità, le sue aspirazioni, i suoi gusti. Sono questi individui che bisogna, far liberi. Essi hanno bisogno di libertà per sentire sempre più alta la loro dignità, la loro responsabilità umana, la loro personalità.

Noi pensiamo che per realizzare la democrazia siano necessari istituti ed ordinamenti capaci di rendere vitali ed autonome tutte le cellule dell'organismo sociale. Poiché la eguaglianza è per noi eguaglianza nella libertà, nella condizione dì esseri liberi, nella opportunità che ogni uomo ha di sviluppare pienamente la propria personalità. Perciò noi pensiamo ad uno Stato articolato e snodato, con istituzioni varie che si equilibrino ed aderiscano alla complessa varietà sociale e territoriale del nostro popolo: ad uno Stato cioè nel quale l'individuo si inserisca naturalmente, e spontaneamente e nel quale l'educazione alla libertà individuale e alla responsabilità sociale, sia opera ed esercizio di ogni giorno, esperienza di ogni momento. Prima di tutto autogoverno dell'individuo, poi autogoverno locale, e sociale, quale mezzo migliore per interpretare ed esprimere i bisogni individuali e particolari. Quindi nessun rigido centralismo politico-sociale ed economico che oggi non potrebbe sboccare che in una nuova forma di totalitarismo.

Oggi si distingue e si divide il problema sociale da quello politico, subordinando questo al primo. Ma dobbiamo ricordare come dallo spiraglio lasciato aperto da tali distinzioni si insinua la tentazione antiliberale, antidemocratica, totalitaria e dittatoriale. I due problemi vanno invece associati in una soluzione contemporanea ed unica poiché la soluzione del problema politico porta alla soluzione del problema sociale. Noi riteniamo di rimanere fedeli alla nostra istanza democratica e di interpretare le esigenze della concreta situazione italiana scegliendo la formula della libera autonoma determinazione degli individui, dei gruppi e degli enti particolari e non lo statalismo ed il centralismo politico ed economico.


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